a cura di Valentina Torri Psicologa c/o P.C.A
A partire dagli anni sessanta-settanta le benzodiazepine (medicinali comunemente usati contro l’ansia, l’insonnia, le crisi di panico e altro), hanno iniziato ad essere largamente prescritte clinicamente. Tuttavia l’informazione sulla pericolosità di queste sostanze è deficitaria, se non del tutto assente. Cresce ogni anno in maniera esponenziale il numero d’individui che fanno abuso di farmaci a base di benzodiazepine (Tavor e farmaci analoghi, per intenderci). Non esistono stime esatte, poiché in molti paesi vengono venduti come prodotti da banco, senza ricetta medica, dunque senza effettiva necessità. La pressione esercitata dalle potenti case farmaceutiche è grande, perché grande è il guadagno. In quasi tutti gli stati europei il Servizio sanitario nazionale garantisce il consumo di farmaci benzodiazepinici, avvalorando così la tesi sostenuta dalle case produttrici che queste sostanze siano innocue. In alcuni paesi, come Grecia, India e vari stati dell’America centrale e meridionale, queste stesse sostanze sono liberamente vendute e consumate con disinvoltura, senza pensare che la prima conseguenza è la dipendenza associata a gravi sintomi d’astinenza, che rendono difficilissima la sospensione del farmaco, destinando il consumatore occasionale a diventare cronico.
A ognuno di noi, in determinati periodi della nostra vita, capita di sentirci particolarmente insicuri, spaventati dagli eventi, o troppo soli: sarebbe più sano eliminare pazientemente le cause che producono questi stati d’animo, ma il tempo è tiranno, i problemi vanno risolti in fretta e senza fatica. E allora ecco la “pillola magica”. Nella maggior parte dei casi, mancano una corretta informazione e la consapevolezza da parte dei pazienti degli effetti collaterali a cui stanno andando incontro; qualche volta persino il medico che prescrive le benzodiazepine non ne è a conoscenza fino in fondo. Le statistiche dicono che il vero problema non sono solo gli adulti ma tanti giovani, persino gli adolescenti (anche tra coloro che già fanno uso di droghe, il 90% circa, i quali aggravano così la loro situazione), che non avendo più grandi aspettative per il futuro “vanno in depressione” e arrivano alle benzodiazepine col benestare del medico e dei genitori: molti di loro, purtroppo, sono destinati a diventarne abituali consumatori.
L’uso prolungato di benzodiazepine può provocare molti effetti indesiderati: turbe della memoria e deterioramento delle funzioni cognitive, ottundimento emozionale, depressione, ansia crescente, sintomi fisici e dipendenza. Tutte le benzodiazepine possono causare questi effetti, a prescindere dalla ragione che ne ha richiesto la prescrizione: o come sonniferi o come farmaci ansiolitici. Inoltre, gli studi dimostrano che le benzodiazepine non sono più efficaci dopo alcune settimane o mesi di assunzione continuativa. Perdono molta della loro efficacia, a causa dello sviluppo del fenomeno della tolleranza. Quando la tolleranza si sviluppa, i sintomi “da sospensione” possono comparire anche se il paziente continua ad assumere il farmaco. Il Committee on Safety of Medicines (Comitato per la Sicurezza dei Farmaci) ed il Royal College of Psychiatrists (Collegio Reale degli Psichiatri) del Regno Unito hanno concluso, come si evince da varie dichiarazioni (1988 e 1992), che le benzodiazepine sono inadatte per l’uso prolungato e che dovrebbero, normalmente, prescriversi soltanto per periodi di 2-4 settimane.
Anche l’esperienza clinica indica che la maggior parte dei pazienti, che assumono per periodi prolungati benzodiazepine, ritengono di sentirsi meglio dopo aver cessato l’uso del farmaco. La dottoressa Crystal Heather Ashton, laureata in Medicina all’Università di Oxford e professore emerito di Psicologia clinica presso l’Università di Newcastle, ha dedicato la vita alla ricerca sugli effetti nocivi che i farmaci psicotropi usati per tempi prolungati hanno sul cervello e sul comportamento dell’uomo. Per dodici anni ha diretto una clinica specializzata nella disintossicazione da benzodiazepine. Delle sue numerose pubblicazioni, oltre cinquanta sono dedicate a queste sostanze: nel manuale Benzodiazepines. How They Work and How to Withdraw (University of Newcastle), disponibile su internet anche nella versione italiana (“Le benzodiazepine: come agiscono e come sospenderne l’assunzione), vengono indicate le linee guida per una conoscenza effettiva delle sostanze in questione e per una corretta disassuefazione. Leggendo questo manuale si riesce a percepire la spaventosa capacità che questi farmaci psicotropi hanno di trasformare la vita delle persone e causare in loro uno stato di apatia, senza mai lenirne realmente la sofferenza. Molti pazienti nel momento in cui hanno smesso di assumere le benzodiazepine, si sono accorti d’aver vissuto, durante tutti gli anni di abituale consumo, ad un livello inferiore rispetto alle loro reali capacità; molte persone hanno paura della sospensione, perché conoscono l’esperienza di alcuni pazienti che hanno definito “attraversare l’inferno” il percorso per risolvere questo problema.
tratto da Lucidamente
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