di Paolo Picchio – Associazione Controinformazione Medica di Pietrasanta

La mia è una storia come tante nel mondo di chi è stato tossicomane, quasi tutti hanno una storia che assomiglia alla mia ed è solo per questo che la pongo alla vostra attenzione.

Sono uscito di prigione nel Novembre 1968 e uno che esce di prigione non trova nessuno che gli offra un lavoro, mi sono ritrovato in un locale a fare il barista notturno tutte le sere ero ubriaco;

e inutile spiegare il perché uno si mette a bere, forse cerca di dimenticare qualcosa, anche se puo sembrare un luogo comune. Poi fini a lavorare in una bisca clandestina, il cui proprietario era morfinomane e fui proprio io a provare la morfina. Dopo una prima  sensazione di vomito subentrò uno stato di benessere, dopo venti giorni facevo dieci fiale al giorno e già soffrivo la sindrome di astinenza se la morfina mi mancava, provavo a fumare hashish ma non risolvevo niente, poi a Genova cominciò a circolare ‘eroina, era buona e costava poco , nel giro di due anni me ne servivano due grammi al giorno. Si rubava agli spacciatori, si rubava tutto quello che si trovava sulle auto, si faceva scippi ed altre azioni del genere. Ero quasi distrutto fisicamente e moralmente, pesavo poco più di 50 chili.

Conobbi Don Luigi Zoppi, che avete sentito parlare la volta scorsa e vidi che mi voleva aiutare, ci credetti e quando si trasferì a Pietrasanta lo seguii, mi chiese di provare a smettere. L’eroina non si trovava più neanche a Genova, per averla eri costretto a venderla ed allora piuttosto che spacciare provai a venirne fuori. Da quel giorno cominciò per me un calvario dentro le cosiddette istituzioni. Fui ricoverato a Pisa da Sarteschi, mi riempirono di sostanze psicotrope, mi venne l’epatite virale,

è vero non facevo più eroina, ma ero imbottito di tranquillanti e nonostante questo non dormivo più di due ore e mezzo a notte, c’erano intorno a me persone che mi aiutavano e che mi volevano aiutare ma la mia non era una condizione accettabile, sia perché non avevo un lavoro, ed anche perché la salute se ne andava giorno per giorno con gli psicofarmaci. Mi ruppi una gamba e fui messo in trazione, sapevano che avevo fatto uso di stupefacenti e mi sono dovuto sopportare tutto il dolore, perché non mi davano niente, i normali antidolorifici non funzionava affatto, ho visto l’inferno con tutto quello che ci sta dentro e la prima cosa che ho fatto il giorno dopo che sono uscito dall’ospedale è stata quella di andare a cercare l’eroina, che intanto si trovava anche a Viareggio. Non avevo soldi e non ne potevo comprare ma ormai le dighe erano rotte, si erano rotte con la sofferenza e non ci potevo far niente, venne un mio amico da Genova con 20 grammo di eroina ed in 20 giorni la consumammo. Quando se ne andò ero assuefatto e senza soldi, ancora una volta nel dilemma, se soffrire o spacciare, allora chiesi aiuto al centro di Firenze, gestito dal prof. Mannaioni, mi fecero un test terribile con Naloxone e dopo un’ora di indicibile sofferenza fui ammesso al programma. Da quel giorno non fui più un tossicomane, almeno non mi consideravo tale, perché da quel giorno che ho lasciato l’eroina sono un farmacodipendente, come il diabetico che ha bisogno dell’insulina, come l’epilettico che ha bisogno del barbiturico.

Qui inizia la sostanza del mio intervento. Nessuno fa la guerra al medico che dà l’insulina o i barbiturici, anzi nessuno gli fa la guerra anche quando distribuisce farmaci o psicofarmaci sulla pelle di chi ci crede e di chi non può pagarsi di meglio, e allora perché fare la guerra a dei farmaci di cui noi abbiamo bisogno? E dei quali non possiamo fare a meno, almeno in prospettiva a breve termine, perché i medici ci negano questi farmaci, in nome di una moralità che poi non dimostrano affatto e perché quando costretti dalla pressione nostra, della gente che ci capisce, ce li danno, ci impongono sofferenza, ce ne danno meno del necessario, manovrano sadicamente in nostro soffrire, dicono che non esiste. Cari dottori a che  serve questo vostro agitarvi nel rifiuto, questi capestri che ci costruite addosso, gli orari, le restrizioni, che pure il ministro vi aiuta ad imporre, noi abbiamo bisogno di quei farmaci, di cui il metadone rappresenta la sostanza principale e se questi farmaci fossero acquistabili in farmaci, noi non verremmo certo da voi a farci trattare come ci trattate, ma c’è una legge che questi mezzi terapeutici li mette in mano vostra e voi non li sapete o non lo volete usare come si deve, anche se il loro uso è elementare. Cari dottori che adesso mi sorridete e mi date le pacche sulle spalle, quante volte mi avete lasciato barbaramente a soffrire negando che avessi la sindrome di astinenza, quante volte mi avete lesinato la sostanza che mi consente una vita normale.

Ho lasciato il centro del prof. Mannaioni nel Giugno 1978, quando sotto l’innalzante pressione degli amici dell’ACM si cominciarono a costruire le prime traballanti strutture.

L’ACM che qui sembra avere un ruolo di secondo piano è stata per molti di noi l’unica tutela valida, a volte l’unica speranza concreta, i pochi amici che ci lavorano dentro non fanno né moralismo, né ideologie da quattro, ma cercano di intervenire sulle sofferenze, punto e basta. Ma sono pochi questi amici, i loro mezzi sono limitati, anche se è a loro che dobbiamo lo sfondamento delle linee di resistenza degli ospedali, linee dure a cadere, che non sono cadute per la lungimiranza di medici e primari come in questo convegno e nell’interviste che questi rilasciano vorrebbero lasciar credere. Anche questo seminario all’interno del quale, per dare un esempio anch’io sono importante, non l’avete voluto voi dottori, come non l’hanno voluto le istituzione che l’hanno formalmente promosso, se il problema non fosse stato agitato in modo imperativo da questi amici che sono stati sulla breccia con costanza, che hanno fatto quelle ricerche che voi medici non avete fatto, che vi siete anche rifiutati di prendere in considerazione . Ora non mi dareste le pacche sulle spalle, non mi sorridereste e voi politici, schierati come ad un banchetto dietro a quel tavolino dopo i primi tentativi di applicare la legge, avete ceduto di buon grado alla pressione dei medici, li proteggete, ma quello che conta è quello che succederà domani, quando questo pubblico che si mostra interessato si dissolverà come nebbia al vento, quando rimarremo ancora una volta da soli, noi, voi che avete quello che ci serve per vivere, i pochi amici che ci aiutano, le previsione non sono rosee e lo spettacolo squallido che qui avete fornito non lascia credere che vi siete convertiti. Vi siete trincerati dietro gli infartuati, dietro gli apparecchi che mancano, dietro il centro di Viareggio che voi stessi invocate per scaricarvi dei problemi delle cosiddette responsabilità e quando non vi è riuscito allora siete diventati violenti. Ero in ospedale quando due poveri disgraziati arrivati da Viareggio in ambulanza furono offesi, malmenati poi messi a confronto con i carabinieri; uno di loro, una donna, uscì piangendo dal pronto soccorso e rimase a piangere su una sedia per diverse ore ed anche per questo sarete assolti perché per voi è facile muovervi nelle istituzioni, cercare solidarietà, testimonianze, pagare e farvi pagare avvocati, comunque nonostante tutti  gli ostacoli che avete frapposto nonostante il gusto che mostrate di provare davanti alla nostra sofferenza, io all’eroina non ci torno e questo è un mio diritto preciso che intendo che venga salvaguardato e tutelato. Sono disposto a soffrire tutti i soprusi, tutte le angherie, le limitazioni, gli orari, il domicilio coatto, la paura dei vostri rifiuti, sono tutti ingredienti che ricadono sulla vostra coscienza, se invece di un rapporto dignitoso ed umano non sapete offrirci altro che autoritarismo e costrittività e se in questo vi aiuta il ministro , gli psichiatri che ci vogliono far socializzare, statene certi che con il tempo verrete giudicati per quello che siete e voi del pubblico che mi ascoltate, che state vivendo il vostro momento di gente impegnata, il vostro momento culturale, dove sarete lunedì? Siete disposti a socializzare con me? Siete disposti ad unirvi con gli sforzi con chi sta con noi tutti giorni? Fra voi c’è gente che quando vede un tossicomane abbassa gli stoini o cambia strada, volete forse offrirmi la vostra inesistente solidarietà? E negarmi o farmi negare i farmaci di cui ho bisogno? Vi lascia su questi interrogativi che io ed altri viviamo sulla nostra pelle, come vi ripeto io non sono un tossicomane anche se lo sono stato per due volte, proprio perché non ho più il drammatico quadro patologico del tossicomane, perché ora ho una vita di relazione, ho degli amici, sto bene come prima del buco e le pacche sulle spalle ed i sorrisi che ricevo ora non li rifiuto. Non resta che sperare che le cosa cambino dentro gli ospedali, magari dietro le scrivanie ci sono degli uomini capaci di farlo.

Sono un farmaco dipendente e se questo vi dovesse disturbare, se voleste negarmi questo diritto, se voleste ricacciarmi nel ghetto della tossicomania, allora smettetela con i convegni, dedicatevi alla costruzione di lager e camere a gas e fateci morire alla svelta, magari buttateci nel secchio dei rifiuti, come nel libretto di Mario Tobino (fa riferimento all’illustrazione della copertina del libro n.d.r.)

Droga e società del 1982
Comune di Pietrasanta assessorato alla cultura biblioteca comunale

 

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